Non so se siate o meno lettori dell’Unità. Io sì, anche perché mi arriva tutti i giorni nella casella postale della Camera. Da qualche tempo, il quotidiano fondato da Gramsci pubblica due pagine sullo sbattezzo: la storia, sotto forma di fumetto, di un uomo che vuole lasciare la Chiesa cattolica ma che, per riuscirci, deve lottare contro tutto e contro tutti. Accanto, il link (vero)dell’Uaar, dove si trovano le istruzioni su come fare per sbattezzarsi. A me, cristiano un po’ eccentrico, piacerebbe tornare alla Chiesa dei primi secoli, quando il battesimo era un sacramento per adulti e veniva amministrato alla fine di una lunga preparazione: lo sbattezzo in sé, dunque, non mi scandalizza per niente. Mentirei, però, se nascondessi il mio disagio di fronte ad una campagna così ecclesiofoba come quella dell’Unità, che non è un quotidiano qualsiasi ma è l’organo di stampa del mio partito: un disagio crescente, fumetto dopo fumetto, tanto che ieri stavo per prendere carta e penna, per scrivere una lettera privata al direttore. Non volevo fare guerre di religione, ma semplicemente far notare che nel Pd è difficile cercare una sintesi fra storie diverse – chiedendo, per giunta, ad alcuni di noi di fare da ponte con il mondo cattolico – quando poi, nei fatti, il tuo giornale di partito ti spara contro a pallettoni. Volevo spiegare a Concita De Gregorio – e mi stupisce che non ci arrivi da sola – che la laicità non ha niente a che vedere con l’anticlericalismo e che una strategia del genere, ammesso che di strategia si tratti e non di superficialità, è l’ennesima tafazzata, l’ennesimo tentativo di segare l’albero su cui siamo seduti. Pensavo queste cose, quando mi è arrivata la proposta di firmare una lettera aperta, che alcuni miei colleghi stavano preparando: le mie perplessità, evidentemente, erano condivise anche da altri, al di là delle diverse sensibilità di ognuno. Nelle 15 firme troverete la firma di Paola Binetti accanto a quella di Jean-Léonard Touadi, tanto per fare un esempio, e già questa – per un giornale serio, come credo che L’Unità voglia continuare ad essere – è una discreta notizia.
Caro direttore,
non c’è dubbio che l’attuale clima politico e culturale è piuttosto complesso e il Pd sta cercando varie strade per costruire spazi positivi di confronto tra culture, storie e tradizioni diverse. Ne fanno fede gli sforzi che caratterizzano gli incontri pubblici e le interviste che rilasciano gli attuali competitors alla carica di segretario del partito tra poche settimane e probabilmente alla carica di premier tra pochi anni. Le differenze ci sono, emergono con facilità a proposito di molte questioni, non solo di quelle cosiddette eticamente sensibili, ma i messaggi di risposta che arrivano sono sempre impostati a rassicurare, a garantire rispetto per tutte le posizioni, a sottolineare la libertà di coscienza di tutti, anche se ogni tanto qualcuno invoca una sorta di corto circuito tra posizione prevalente e posizione ufficiale del partito. C’è comunque un impegno specifico a far coincidere questa fase di rilancio del Partito democratico con il desiderio che ognuno possa percepirsi come una risorsa e non come un ostacolo, proprio per la sua cultura, le sue convinzioni, la sua capacità di esprimere valori condivisi da una parte o l’altra del Paese. Se la diversità è un valore, l’integrazione delle diversità, possibile sempre e solo entro certi margini, è la sfida della democrazia interna del partito. Nel caso del Partito democratico, è la sua garanzia di novità sotto il profilo culturale e di durata sotto il profilo della sopravvivenza politica.
In questo clima ci stupiscono due aspetti concreti, a nostro avviso contraddittori, che appaiono sull’Unità: da un lato, il richiamo costante alla Chiesa perché esprima un suo giudizio critico, severo, sui comportamenti del Capo di Governo, specialmente su quelli che si riferiscono alla sua vita e alle sue abitudini sessuali; si intuisce, nell’insistenza dei richiami, la convinzione profonda che la Chiesa cattolica sia testimone e garanzia di stili di vita improntati a valori quali la fedeltà nella vita coniugale, la sobrietà nei consumi, la morigeratezza nelle abitudini, la profondità dei valori umani, oltre che spirituali che propone; dall’altro, la striscia sullo sbattezzo, giunta ormai alla sua undicesima puntata, che tende ad evidenziare l’assoluta difficoltà che si incontra ad uscire dalla Chiesa cattolica, patrocinata dall’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti (UAAR), costituitasi legalmente nel 1991. Una associazione che vanta attualmente 3.650 iscritti. La striscia, ripresa da un libro di Alessandro Lise e Alberto Talami, ha un livello di ironia e di comicità irrilevanti: si tratta ovviamente di un giudizio oggettivo.
Ci chiediamo quale sia la ragione di questa insistenza su di un fatto che i non-credenti non-praticanti hanno già risolto da un pezzo, limitandosi ad ignorarlo. Nessuno può essere obbligato a credere se non vuole, dal momento che l’atto di fede è uno di quelli che più impegnano la libertà personale. L’insistenza nella pubblicazione della striscia sullo sbattezzo e sull’impresa ciclopica che rappresenta l’uscire dalla Chiesa fa emergere una immagine della Chiesa ostile, possessiva, intrigante – si veda il riferimento alla guardia svizzera sulla porta di casa – al punto che ci si chiede: se la Chiesa è questa, allora perché sollecitarla tanto a spendere il suo magistero per stigmatizzare fatti e comportamenti che in nessun modo e in nessun caso possono essere condivisi?
Ci chiediamo anche se lei è consapevole del grado di disagio che crea il giornale in molti dei suoi potenziali nuovi lettori, a cominciare da noi parlamentari, quando si arriva a quelle pagine che rivelano un clima tutt’altro che rispettoso di idee, valori e convinzioni… e che suscita una profonda perplessità sul rapporto che c’è tra questo giornale e il Pd, attuale e futuro… Ci sono temi più interessanti per approfondire il dibattito pre-congressuale, per esempio il ruolo della religione nello spazio pubblico! Indubbiamente le pagine sullo “sbattezzo” appaiono una vera e propria caduta di tono, ben poco in continuità con la tradizione dell’Unità, che in altri momenti ha cercato un dialogo efficace con il pensiero e la tradizione cattolica.
Ci auguriamo che questo tema non venga rapidamente derubricato invocando la laicità: in questo caso una laicità non solo e non tanto anticlericale, quanto atea e agnostica.
Cordialmente,
Paola Binetti, Luigi Bobba, Marco Calgaro, Enzo Carra, Pierluigi Castagnetti, Paolo Corsini, Rosa De Pasquale, Letizia De Torre, Lino Duilio, Enrico Farinone, Giorgio Merlo, Donato Mosella, Nicodemo Oliverio, Andrea Sarubbi, Jean Leonard Touadi.
Alcuni avvisi, prima di lasciare spazio ai commenti. Vince chi non nomina la parola teodem e chi non si mette a disquisire sulla liceità o meno dello sbattezzo, che a me sembra tanto evidente quanto la libertà di culto. Vince, in sostanza, chi riesce a parlare di quel sogno di sintesi che, solo due anni fa, sembrava possibile e che oggi sembra ridursi ad un tristissimo braccio di ferro fra guardie svizzere e lanzichenecchi.