La sfida plurale

Vuoi vedere che alla fine i veri liberali siamo noi? Il dubbio mi è venuto ieri pomeriggio, in Commissione Affari Sociali, quando ho visto il comportamento del Pdl contro l’unico dissidente coraggioso. Non che i dissidenti manchino, pure da quella parte, ma è l’aggettivo che difetta: lo avevo già sperimentato sulla mia pelle, raccogliendo le firme per la cittadinanza, e lo sto verificando anche nei lavori sul testamento biologico. Dove ho visto con i miei occhi un parlamentare della maggioranza, per giunta addetto ai lavori, votare contro un emendamento su cui privatamente si era detto d’accordo. In questo contesto, Benedetto Della Vedova è davvero una mosca bianca: senza aspettare il voto segreto dell’Aula – quando il dissenso non avrà più bisogno del coraggio – si è imbarcato in una sorta di battaglia culturale, solo contro tutti, per dimostrare che il Pdl può essere davvero una forza politica plurale. D’altra parte, era stato lo stesso Berlusconi, un anno fa, a parlare di “un partito anarchico, perché su questioni di etica e morale, ad esempio, noi lasciamo la libertà di coscienza in tutte le situazioni”. E Benedetto gli aveva creduto, spiegando che il pluralismo è nel dna dei liberali, ricordando che tra i popolari europei le posizioni sui temi etici sono discordanti, prendendo atto con soddisfazione della linea prudente adottata dal suo leader, nel “rispetto dell’autonomia della coscienza dei singoli”. Ma Berlusconi scherzava, ed il mio collega non lo sapeva. Non sapeva che un anno dopo, al momento di votare gli emendamenti sulle dichiarazioni anticipate di trattamento, quel partito liberale gli avrebbe impedito di farlo, negandogli il diritto sacrosanto di sostituire in Commissione un collega assente. Faccio un passo indietro, per chi è meno addentro alle regole parlamentari: se non sei membro di una Commissione, puoi partecipare comunque ai lavori e puoi anche votare in sostituzione di un collega assente: l’importante è che non si alteri l’equilibrio numerico tra i gruppi. Rocco Buttiglione, per esempio, non fa parte della Commissione Affari Sociali, ma siccome è interessato al testamento biologico sta partecipando a tutta la discussione, sostituendo il suo collega De Poli. E così anche Della Vedova, che ieri pomeriggio si era presentato al dibattito sugli emendamenti, come le altre volte, solo che stavolta si entrava in un terreno scivoloso (quello delle dat, appunto, dopo aver parlato nelle settimane scorse dei principî generali e del consenso informato) e quindi il suo capogruppo gli ha detto di no: al suo posto, era stato chiamato un collega che non aveva seguito un minuto della discussione precedente, ma che – a differenza di Benedetto – era bravissimo ad alzare la mano a comando. Il capogruppo del Pdl in Affari Sociali, lo dico per inciso, è il socialista Lucio Barani: non un cattolico conclamato, ma un craxiano di ferro, col garofano rosso sempre all’occhiello e con la missione dichiarata di evitare sorprese alla linea ufficiale del partito. Mi sono guardato intorno ed ho visto, nel Pd, facce molto diverse dalla mia. Comprese quella di Paola Binetti e Maria Antonietta Coscioni, la mia coppia preferita: una coppia a rischio, per carità, ma la sua stessa esistenza è già una vittoria, perché non riesco a concepire il Pd se non come un partito plurale. E se i veri liberali, alla fine, fossimo davvero noi, a me non dispiacerebbe per niente.

4 risposte a “La sfida plurale

  1. Ti dirò di più: il Pd che sogno io è un partito dove la “libertà di coscienza” esiste, e sempre, non solo sulle tematiche etiche (e su queste a maggior ragione).

    Tuttavia, fatta salva la libertà di coscienza di ognuno, un Partito che si rispetti DEVE avere una linea su tutto. Che poi i parlamentari possono non rispettare, ma deve esserci, altrimenti che Partito è?

    Ovviamente, la libertà di coscienza ha un limite: se voti molto frequentemente contro il tuo partito, beh, conviene ad entrambi separare le strade, no? Inoltre, va bene la libertà di coscienza, però le posizioni enormemente distanti dalla linea del partito non vanno comunque accettate, o perlomeno dovrebbero esprimersi tramite astensione. Mi spiego meglio: se il PD proponesse una legge per introdurre il reato di tortura in Italia (uno scandalo che in Italia non sia ancora reato), sarebbe inaccettabile che dei suoi esponenti votassero contro. E’ troppo, troppo in contrasto con gli ideali fondativi del Partito, no?

    Non so quale sarebbe la via per “giudicare” questi casi, magari una “Commissione interna”, o altro. Però un sistema del genere deve esserci, per evitare l’anarchia totale. Dannosa tanto quanto il clima da “caserma”.

  2. I governi di Berlusconi non sono mai stati liberali perchè egli sottostà ai dictat della Chiesa e sotto lo schiaffo della Lega, quindi nessunissima sorpresa…ma magari lui la lascerebbe pure la libertà di coscienza perchè in fondo che gli importa di cosa fa la gente in certi casi nel proprio privato…a lui importa solo di salvarsi il culo e non finire in galera dove invece dovrebbe stare.

  3. Ennesima conferma che il PDL è semplicemente ideologico

  4. “se i veri liberali, alla fine, fossimo davvero noi”

    di certo non lo è il centrodestra italiano, almeno attuale. forse quello che ha in mente fini. il pd in questo, almeno idealmente, lo è ed è fondamentale la pluralità interna, con componenti diversissime su certi temi come i Radicali e la Binetti. Purchè non ci sia gente, come appunto la Binetti, che continua a minacciare l’uscita dal partito ogni volta che la linea non è la sua.

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